Jon Mucogllava

Con la mostra “Nella terra dell’Aquila” si è voluta rappresentare la lingua albanese sotto una veste del tutto nuova, cercando di cogliere al meglio le sue particolarità grafiche.
Ci si è affidati per l’occasione al concetto di “poesia visiva”, la quale rende la materialità stessa del segno grafico un espediente comunicativo in grado di instaurare con l’osservatore un rapporto spesso ludico, del tutto soggettivo, ma al contempo ricco di significati.
Lo spettatore si vede perciò proiettato di fronte a catene indecifrabili di lettere, parole scomposte e disseminate nello spazio della pagina e grafemi sconosciuti.
Ciò che maggiormente identifica la lingua albanese e la rende peculiare per chi ancora non la conosce, è in parte esposto negli spazi di queste opere.
Esse vanno quindi osservate con la consapevolezza che non sempre una chiave di lettura univoca è possibile, accettando di essere portati di fronte ad un linguaggio estraneo, ambiguo e apparentemente indecifrabile.
Il limite tra scrittura, tipografia e arte in senso proprio si fa qui labile, con l’obiettivo di stimolare quanti più stimoli possibili senza limitarsi dunque ad una lettura, spesso passiva, di un testo in lingua straniera.
I temi centrali che legano i vari componimenti sono quelli dell’identità e dell’esperienza migratoria nelle sue più varie e moderne sfumature, che da tempo immemore hanno influenzato la lingua e la cultura albanese.
La mostra si compone di 13 opere, alcune delle quali ruotano intorno ad una singola lettera o parola, altre come “Dialogo/Bisedim” o “Scrivo/Shkruaj” vedono una compresenza di varie lingue con le quali l’albanese si pone in una posizione di conflitto, altre ancora come “Sacre Scritture” sono frutto di un’attenta ricerca nei meandri della storia linguistica albanese andando a riprendere antichi e insoliti sistemi di scrittura creati ad hoc.
Tra i componimenti, accomunati da una sostanziale dimensione testuale, spicca “Realpolitik”, un’installazione la quale vuole porre l’accento sull’oggetto librario inteso come prodotto industriale e perciò anche simbolo di un periodo storico fondamentale per l’Albania di oggi.
Ed ecco che brandelli di libro, sbavature e colori sbiaditi rivelano all’osservatore di oggi l’essenza del Novecento albanese.
La mostra è in definitiva frutto di un esperimento poetico che si spera possa permettere esperienze nuove ed alimentare una genuina curiosità nei confronti di questa lingua per lo più ignota e marginale nel contesto storico e linguistico europeo. Proprio per questo siamo convinti che essa abbia ancora tanto da far scoprire a chi se ne avvicina, madrelingua compresi.

Jon Mucogllava
Anatomia - Anatomi

Frasi sono ripetute alternandosi di posizione in 4 riquadri testuali in tre font diversi.
Scambiate di posizione le frasi assumono un significato diverso, intuibile anche se non del tutto grammaticalmente corretto.
La frase contenente la parola “cuore” è l’unica a non cambiare e ad avere una grandezza differente e a rimanere “coperta” dagli asterischi che ne nascondono la seconda parte.
Questo vuole rendere ambiguo il messaggio, non svelando se l’elemento “cuore” segue una sorte diversa dagli altri o meno.
Il cuore, organo vitale per eccellenza, si mantiene invariato nei 4 quadri, a significare il permanere di un’identità uguale e costante, nonostante le avversità.
Al centro della pagina la parola “hiç”, niente, esplicita il significato dell’intero componimento, in quanto esso ruota intorno ad un senso di privazione dovuto ad eventi quali la migrazione, la perdita di identità e il cambiamento.

Jon Mucogllava
Conquista - Pushtim

L’intento di quest’opera è quello di provocare lo spettatore raffigurando le varie denominazioni dello stato albanese in lingue e alfabeti che in qualche modo hanno influenzato la storia del paese:
alfabeti di Elbasan e di Istanbul (creati ad hoc per la lingua albanese), in arabo, in turco, in greco,
in russo e in arumeno (lingua balcanica minoritaria).
Queste diciture sono barrate di rosso a voler significare che nessuna di queste pare essere la denominazione corretta andando a sollecitare una riflessione riguardo l’identità ambigua di un paese come l’Albania, da sempre preda di una crisi identitaria, a metà tra Oriente e Occidente.

Jon Mucogllava
Conversazione - Bisedim

L’opera è composto da un confronto tra parole offensive in diverse lingue straniere e una parola albanese (tungjatjeta).
Quest’ultima è una forma di saluto che si traduce come “che la tua vita possa allungarsi”.
L’intento è quello di raffigurare quelli che sono spesso i termini con cui ci si rivolge a persone straniere (raggruppati tra loro per dare l’immagine di eco) e il confronto con una parola del tutto diversa, pronunciata dall’interlocutore straniero, volenteroso di stabilire un dialogo pacifico ed amichevole.

Jon Mucogglava
Dove - Ku

Il componimento è realizzato con alcune parole della lingua albanesi scelte in base al loro aspetto fonetico (creando allitterazioni in K, C [ts], Y [y], Ç [t , Q [cç ]).
Esse sono qui trascritte eliminando lo spazio per rendere più ambiguo il loro significato, già difficile da decifrare per un pubblico italiano. l tema dell’opera è il vagabondare, l’allontanarsi e quindi l’emigrazione in senso lato. Si vuole quindi raccontare in maniera straniante un’esperienza come quella del vagabondare,
con l’ausilio dell’aspetto fonetico delle parole selezionate.
L’opera si conclude con la parola verso “humba” (mi sono perso/ho perso) scritto in carattere più piccolo alla fine, per denotare anche un senso di sconfitta “privata”, non manifesta.

Jon Mucogglava
In viaggio - Rrugës

L’intento è quello di raffigurare al centro dello spazio una figura composta da varie scritte che rimandano al viaggio (visa, border, passport…) come fossero timbri su passaporti.
Risalta in particolare la scritta REJECTED in rosso scritta due volte in direzioni opposte, a simboleggiare un accesso negato.

Jon Mucogglava
MAMABA

Descrizione: Le sillabe MA e BA (che in albanese rimandano alle figure dei due genitori) si intrecciano tra di loro in una spirale di lettere e segni.
Di fianco le stesse lettere sono raffigurate singolarmente, a simboleggiare il distacco dai propri genitori e dalla propria famiglia che spesso coinvolge chi è costretto a lasciare il proprio luogo natio.

Jon Mucogllava
Sacra Scrittura - Shkrimi i shenjtë

Questa “poesia” è stata realizzata usando l’alfabeto di Elbasan, un sistema di scrittura ideato nel XVIII secolo per la lingua albanese da un autore anonimo. Essendo un alfabeto usato per la scrittura di un’opera religiosa si simula qui una “preghiera” rivolta alla lingua albanese con la chiusura col tipico verso “amen”. La storia della lingua albanese ha visto succedersi diversi alfabeti prima dell’affermarsi di quello latino, ma questa è una storia poco nota. I versi sono ripetuti tre volte, disposti in maniera diversa sul foglio: allineati a sinistra, capovolti e allineati a destra, questo per rendere il messaggio più difficile da decifrare, codificato e ambiguo. Gli ultimi tre segni della “poesia” rappresentano le lettere ABC che rimandano all’idea di alfabeto.

Jon Mucogllava
Scrivo - Shkruaj

L’opera vuole mostrare le difficoltà di scrittura spesso incontrate da parlanti di seconda generazione.
La parola “SHKRUAJ” è ripetuta diverse volte senza mai essere scritta correttamente, con le singole lettere che fluttuano nello spazio.
Gli ultimi versi sono invece scritti in inglese, a raffigurare la rinuncia ad esprimersi in lingua materna, optando per l’inglese. Gli ultimi versi rivelano che si tratta di una lettera.

Jon Mucogllava
Quel che è - Ajo që është

L’opera si apre con la frase albanese “kjo është fjalia e parë” (questa è la prima frase) e procede in
ordine numerico. Ad un certo punto la frase inizia a subire delle modifiche e ad ogni riga il suo significato cambia sempre di più fino a diventare una frase della lingua italiana.
Si vuole qui riproporre in maniera simbolica il processo di contaminazione linguistica che coinvolge i parlanti bilingui, portando, nei casi più estremi a dimenticare la lingua cosiddetta “madre” a favore di quella nuova, in quanto più utile alla comunicazione quotidiana.

Jon Mucogllava 
Vuoto - Boshllëk

L’intento del componimento è quello di esprimere l’impossibilità di comunicare nella propria “lingua madre”, fenomeno non raro tra i giovani immigrati di seconda generazione, più propensi ad apprendere la lingua del paese in cui stabilmente vivono.
Ciò avviene tramite l’uso della lettera Ë [ə] la quale, data la sua peculiarità fonetica, esprime il suono prodotto da un parlante incerto.
La disposizione grafica di tale grafema a 360° vuole simboleggiare un’incapacità totale di comunicare che si ripercuote anche su aspetti extralinguistici.

Jon Mucogllava 
Otranto

L’intenzione è quella di richiamare alla memoria le onde dello stretto di Otranto, teatro della nota “Tragedia di Otranto” relativa al naufragio della nave “Katër i Radës” del 28 marzo 1997 dove 81 immigrati albanesi persero la vita cercando le coste italiane.

Jon Mucogllava
Realpolitik

L’installazione realizzata su un pannello di legno proveniente da un cantiere edile e composta da brandelli di libro vuole porre l’attenzione sull’aspetto tecnico della produzione industriale dell’oggetto librario nell’Albania dell’ultimo secolo.

È forte qui una certa connotazione politica che vuole svelare l’opprimente controllo sulla cultura messo in atto dal regime per molti decenni del Novecento.

I chiodi che fissano le pagine al pannello al tempo stesso le lacerano, a simboleggiare un’azione violenta. Risaltano le caratteristiche più materiali quali: la qualità della carta, il tipo di inchiostro impiegato, lo stile della copertina e altro ancora.  

Il risultato è un collage di pagine illeggibili in cui la parola scritta perde ogni valore e dove il carattere di interesse è dato dal peculiare processo industriale.

Jon Mucogllava
Scioglilingua - Gërma

L'opera in questione si pone l'obiettivo di mostrare alcune delle lettere più peculiari della lingua albanese dal suono palatale: GJ, Ë, TH, Y, Q, SH, NJ.
Dato il modo in cui queste lettere suonano nell'alfabeto albanese si è voluto raffigurarle in modo sovrapposto le une alle altre per rappresentare anche la difficoltà di pronuncia soprattutto per parlanti non di madrelingua albanese, rendendole di fatto anche illeggibili e non solo impronunciabili.